giovedì 6 aprile 2017

A - DOM. DELLE PALME


3 commenti:

  1. S. FAUSTI - “Dimorate qui e vegliate con me!” chiede Gesù ai discepoli. E li sveglia tre volte, perchè almeno per un breve attimo, prima di ripiombare nel sonno, si imprima nei loro cuori ciò che sta avvenendo nella notte. Gesù li chiama a contemplare la passione del Figlio per i fratelli .
    È la stessa del Padre! Discepolo è colui che fa, della passione di Dio per il mondo, la sua dimora.
    Il racconto è una finestra sull'io più intimo di Gesù : svela la Sua relazione col Padre e con noi. E lo fa con le Sue stesse parole , nel momento decisivo della Sua vita.
    E' la notte in cui si consegna alla morte, alla morte violenta e ingiusta, nell'abbandono degli uomini e di Dio. Gesù porta su di sé il male dei fratelli . L'abbandono del Padre.
    La Sua è un'angoscia infinita, senza limiti : Lui è “il Figlio” , il cui essere è “essere del Padre”.
    Ma anche l'essere del Padre è “essere del Figlio”!
    Il male del nostro abbandono tocca il cuore stesso di Dio che ci ama.
    E' l'amante che porta su di sé l'abbandono dell'amato!
    Il male in cui Gesù è “battezzato “è veramente assoluto, è impossibile pensarne uno più grande.
    In questa notte sono tutte le nostre notti; e l'uomo conosce molte notti.
    Il Figlio ci si immerge e le riempie della Sua presenza. Dalla lontananza estrema grida : “Padre mio!”.
    In ogni abisso, da una sponda all'altra del caos, risuona la voce del Figlio verso il Padre.
    “Abbà “ è la parola: detta dal Figlio, dice il Padre.
    Gesù in questa notte fa, di ogni abbandono del Padre, l'abbandono al Padre, facendosi vicino a ogni lontananza. Gesù prova tristezza e angoscia. I discepoli ne sono rimasti colpiti. Pur con gli occhi che ostinatamente si richiudono, non hanno potuto dimenticare .

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  2. -->“Negli anni della Sua vita terrena”, il Figlio “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte, e fu esaudito”, non perchè fu liberato, ma perchè “prese bene” la morte , le forti grida e le lacrime, comuni a tutti i suoi fratelli peccatori. Per questo divenne il Figlio perfetto come il Padre . Per “l'obbedienza” nelle “cose che patì”. E così “divenne causa di eterna salvezza per coloro che Lo ascoltano” e fu proclamato “pontefice”, ponte tra ogni uomo perduto e il suo Dio.
    Così dice uno degli ultimi scritti del N T, riportando ancora al vivo il ricordo di questa scena. (Eb 5,7-10).
    Il vecchio Adamo “prese male” il bene : rapì il dono della figliolanza.
    Il nuovo Adamo “prende bene” anche il male : si consegna a chi lo rapisce , portando su di sé la violenza del furto. Per questo è il Figlio uguale al Padre : dona se stesso e salva tutti.
    Nel racconto Gesù si rivolge di continuo alternativamente al Padre e ai discepoli, sperimentando il silenzio di tutti.
    La Sua unica angoscia viene dal suo essere tra noi e il Padre, vivendo insieme il Suo amore per Lui e il nostro abbandono di Lui. Egli è l'”intercessore” , Colui che si mette in mezzo, tessendo in sé il racconto tra ogni lontananza e lacerazione. Gesù vive il Suo essere del Padre , da Lui e per Lui, nella nostra condizione di peccato e di rifiuto. Noi non abbiamo accettato né Dio come Padre né noi stessi come figli.
    Abbiamo voluto possedere in proprio la vita : di conseguenza non accettiamo di essere figli . Rimuoviamo la nascita e la morte , eliminiamo il nostro principio e il nostro fine . Per questo la nostra vita è violenta , triste e angosciata : divisa dalla sua sorgente , si sente “gettata “ nel nulla.
    Gesù ripercorre a ritroso il cammino di Adamo, riportando al Padre ogni abbandono del Padre.
    Gesù veglia e prega : prostrato ha la forza dello Spirito per gridare . “Padre mio !” e fare la Sua volontà.
    I discepoli invece dormono, seduti nella debolezza della loro carne , chiusi nel sonno della loro morte.
    Il Figlio vive il dramma che rende figli i non figli : il passaggio (battesimale) dalla mia volontà a quella del Padre.
    Gesù vince la lotta , e ci guarisce dal male che sta all'origine dei nostri mali : la contrapposizione tra la nostra e la Sua volontà. Per questo giunge “l'ora “ , in vista della quale fu creato il mondo : quella in cui il Figlio dell'uomo si consegna al Padre nel Suo consegnarsi ai fratelli perduti : è l'ora della salvezza!.
    Dopo questa “felice notte” non c'è più notte . La luce del Figlio è entrata in tutte le nostre tenebre.
    Per questo, alla fine, dopo aver ripetuto di vegliare , Gesù dice di “dormire e riposare” e di “risorgere e andare”.
    Ogni nostro sonno ormai non è più anticipo di morte, ma “cammino” nella vita nuova di figli.
    Infatti ogni nostra notte è chiara come il giorno , ogni nostra lontananza è ormai ancorata al Padre nel Figlio.

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  3. PRIMA LETTURA (Is 50,4-7)
    Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
    Dal libro del profeta Isaia
    Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli.
    Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.
    Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
    Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
    Parola di Dio.

    SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 21)
    Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
    Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
    storcono le labbra, scuotono il capo:
    "Si rivoga al Signore; lui lo liberi,
    lo porti in salvo, se davvero lo ama!".
    Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
    Un branco di cani mi circonda,
    mi accerchia una banda di malfattori;
    hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
    Posso contare tutte le mie ossa.
    Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
    Si dividono le mie vesti,
    sulla mia tunica gettano la sorte.
    Ma tu, Signore, non stare lontano,
    mia forza, vieni presto in mio aiuto.
    Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
    Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
    ti loderò in mezzo all'assemblea.
    Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
    gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
    lo tema tutta la discendenza d'Israele.
    Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

    SECONDA LETTURA (Fil 2,6-11)
    Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
    Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
    Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
    ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
    Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
    Parola di Dio.

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