venerdì 17 novembre 2023

A - 33 DOMENICA


 

7 commenti:

  1. Il tuo aiuto, Signore Dio nostro,
    ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
    perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
    possiamo avere felicità piena e duratura
    O Padre, che affidi alle nostre mani
    le meraviglie della creazione e i doni della grazia,
    rendici servi operosi e vigilanti,
    perché facciamo fruttare i nostri talenti
    per entrare nella gioia del tuo regno.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.
    Credo.

    Prima Lettura
    La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.
    Dal libro dei Proverbi
    Prv 31,10-13.19-20.30-31

    Una donna forte chi potrà trovarla?
    Ben superiore alle perle è il suo valore.
    In lei confida il cuore del marito
    e non verrà a mancargli il profitto.
    Gli dà felicità e non dispiacere
    per tutti i giorni della sua vita.
    Si procura lana e lino
    e li lavora volentieri con le mani.
    Stende la sua mano alla conocchia
    e le sue dita tengono il fuso.
    Apre le sue palme al misero,
    stende la mano al povero.
    Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
    ma la donna che teme Dio è da lodare.
    Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
    e le sue opere la lodino alle porte della città.

    Parola di Dio.

    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 127 (128)
    R. Beato chi teme il Signore.
    Beato chi teme il Signore
    e cammina nelle sue vie.
    Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
    sarai felice e avrai ogni bene. R.

    La tua sposa come vite feconda
    nell'intimità della tua casa;
    i tuoi figli come virgulti d'ulivo
    intorno alla tua mensa. R.

    Ecco com'è benedetto
    l'uomo che teme il Signore.
    Ti benedica il Signore da Sion.
    Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
    tutti i giorni della tua vita! R.

    Seconda Lettura
    Non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro.
    Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
    1Ts 5,1-6

    Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C'è pace e sicurezza!», allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
    Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
    Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

    Parola di Dio.

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    1. Acclamazione al Vangelo
      Alleluia, alleluia.

      Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
      chi rimane in me porta molto frutto. (Gv 15,4a.5b)

      Alleluia.

      Vangelo
      Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.
      Dal Vangelo secondo Matteo
      Mt 25,14-30

      In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
      «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.
      A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
      Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
      Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
      Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone".
      Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone".
      Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo".
      Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti"».

      Parola del Signore.

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  2. PAPA FRANCESCO

    ANGELUS 15 novembre 2020
    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    In questa penultima domenica dell’anno liturgico, il Vangelo ci presenta la celebre parabola dei talenti (cfr Mt 25,14-30). Fa parte del discorso di Gesù sugli ultimi tempi, che precede immediatamente la sua passione, morte e risurrezione. La parabola racconta di un ricco signore che deve partire e, prevedendo una lunga assenza, affida i suoi beni a tre dei suoi servi: al primo affida cinque talenti, al secondo due, al terzo uno. Gesù specifica che la distribuzione è fatta «secondo le capacità di ciascuno» (v. 15). Così fa il Signore con tutti noi: ci conosce bene, sa che non siamo uguali e non vuole privilegiare nessuno a scapito degli altri, ma affida a ciascuno un capitale commisurato alle capacità.

    Durante l’assenza del padrone, i primi due servi si danno molto da fare, sino al punto di raddoppiare la somma loro affidata. Non così il terzo servo, il quale nasconde il talento in una buca: per evitare rischi, lo lascia lì, al riparo dai ladri, ma senza farlo fruttare. Arriva il momento del ritorno del padrone, il quale chiama i servi al rendiconto. I primi due presentano il buon frutto del loro impegno, hanno lavorato e il padrone li loda, li ricompensa e li invita a partecipare alla sua festa, alla sua gioia. Il terzo, invece, accorgendosi di essere in difetto, comincia subito a giustificarsi, dicendo: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo» (vv. 24-25). Si difende della sua pigrizia accusando il padrone di essere “duro”. Questa è un’abitudine che anche noi abbiamo: ci difendiamo, tante volte, accusando gli altri. Ma loro non hanno colpa: la colpa è nostra, il difetto è nostro. E questo servo accusa gli altri, accusa il padrone per giustificarsi. Anche noi, tante volte, facciamo lo stesso. Allora il padrone lo rimprovera: lo chiama servo «malvagio e pigro» (v. 26); gli fa togliere il talento e lo fa gettare fuori dalla sua casa.

    Questa parabola vale per tutti ma, come sempre, in particolare per i cristiani. Anche oggi ha tanta attualità: oggi, che è la Giornata dei Poveri, dove la Chiesa dice a noi cristiani: “Tendi la mano al povero. Tendi la tua mano al povero. Non sei solo nella vita: c’è gente che ha bisogno di te. Non essere egoista, tendi la mano al povero”. Tutti abbiamo ricevuto da Dio un “patrimonio” come esseri umani, una ricchezza umana, qualunque sia. E come discepoli di Cristo, abbiamo ricevuto anche la fede, il Vangelo, lo Spirito Santo, i Sacramenti e tante altre cose. Questi doni bisogna utilizzarli per operare il bene, per operare il bene in questa vita, come servizio a Dio e ai fratelli. E oggi la Chiesa ti dice, ci dice: “Utilizza quello che ti ha dato Dio e guarda i poveri. Guarda: ce ne sono tanti; anche nelle nostre città, nel centro della nostra città, sono tanti. Fate il bene!”.

    Noi, a volte, pensiamo che essere cristiani sia non fare del male. E non fare del male è buono. Ma non fare del bene, non è buono. Noi dobbiamo fare del bene, uscire da noi stessi e guardare, guardare coloro che hanno più bisogno. C’è tanta fame, anche nel cuore delle nostre città, e tante volte noi entriamo in quella logica dell’indifferenza: il povero è lì, e guardiamo da un’altra parte. Tendi la tua mano al povero: è Cristo. Alcuni dicono: “Ma questi preti, questi vescovi che parlano dei poveri, dei poveri… Noi vogliamo che ci parlino della vita eterna!”. Guarda, fratello e sorella, i poveri sono al centro del Vangelo; è Gesù che ci ha insegnato a parlare ai poveri, è Gesù che è venuto per i poveri. Tendi la tua mano al povero. Hai ricevuto tante cose, e tu lasci che tuo fratello, tua sorella muoia di fame?

    Cari fratelli e sorelle, ognuno dica nel suo cuore questo che Gesù ci dice oggi, ripeta nel suo cuore: “Tendi la tua mano al povero”. E ci dice un’altra cosa, Gesù: “Sai, il povero sono io”. Gesù ci dice questo: “Il povero sono io”.

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    1. -->La Vergine Maria ha ricevuto un grande dono: Gesù stesso, ma non l’ha tenuto per sé, lo ha dato al mondo, al suo popolo. Impariamo da lei a tendere la mano ai poveri.

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    2. BENEDETTO XVI
      ...Cari fratelli e sorelle, accogliamo l'invito alla vigilanza, che spesso le Scritture ci ricordano! Questo è l'atteggiamento di chi sa che il Signore tornerà e che vorrà vedere in noi i frutti del suo amore. La carità è il bene fondamentale che nessuno può non portare a compimento e senza il quale ogni altro bene è inutile ( 1 Cor 13,3). Se Gesù ci ha amati fino a dare la sua vita per noi (1 Gv 3,16), come non amare Dio con tutto noi stessi e amarci con vero calore? ( 1 Gv 4,11). È solo praticando la carità che anche noi potremo condividere la gioia di Nostro Signore. La Vergine Maria ci insegni la vigilanza attiva e gioiosa nel nostro cammino verso l'incontro con Dio.(13-9-2011)

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  3. FAUSTI – Questa parabola è cara all'etica del capitalismo. I talenti sono da far fruttare, l'abbondanza è segno di benedizione divina, l'indigenza di maledizione!
    In realtà i talenti non sono le doti o i beni da moltiplicare: rappresentano invece l'olio della parabola precedente (delle dieci vergini) , che è l'amore verso i poveri.
    Il talento è l'amore che il Padre ha verso di me, che deve “duplicarsi” nella mia risposta d'amore ai fratelli.
    Rispondere a questo amore, mi fa ciò che sono : figlio uguale al Padre.
    “Come un uomo emigrato in un paese lontano” il Signore , dopo aver abitato con noi, è finito sulla croce, il punto più lontano da Dio.
    Là si è fatto prossimo a ogni distanza e sofferenza. Andandosene, non ci ha abbandonati ma ci ha lasciato il Suo Spirito, perché noi, amando, realizziamo la nostra identità.
    Lui stesso resta sempre con noi, sotto il Suo segno.
    E' andato ad abitare tra i poveri, e ciò che facciamo per loro, lo facciamo per Lui.
    Se il talento è il dono d'amore ricevuto, il nostro amore per Lui nei poveri è il talento che siamo chiamati a guadagnare. E' questo l'invito che Gesù fece al giovane ricco per ereditare la vita eterna (19,6-30).
    Ognuno è chiamato ad investire il suo dono.
    Non chi ha o dà di più si realizza, ma semplicemente chi dà se stesso. Non conta la quantità, ma il fatto che tutto è dono, al quale si risponde donando tutto.
    Chi mette sotto terra il suo dono, per paura di perderlo, si allontana da sé e dagli altri.
    La nostra vigilanza è saggia e operosa, non inerte. Chi non investe il suo talento, lo perde.
    La causa del fallimento è la falsa immagine che abbiamo del Signore. Se Lo riteniamo cattivo ed esigente, il nostro rapporto con Lui non è di amore, ma legalistico, pauroso e sterile.
    La parabola si articola in tre tempi . Uno passato, in cui abbiamo ricevuto il dono, uno presente, in cui dobbiamo farlo fruttare, e uno futuro, in cui verrà chiesto conto di ciò che ora ne abbiamo fatto.
    Il giudizio futuro non lo fa Dio.
    Lo facciamo noi qui e ora.
    Lui, alla fine, non farà che leggere ciò che ora noi scriviamo.
    La fedeltà nella cose quotidiane ci fa guadagnare la dimora eterna. I nostri piccoli gesti d'amore verso i fratelli ci fanno diventare figli. L'amore, con cui compiamo ogni azione, è l'olio, che ci fa brillare della stessa luce del Padre.
    Il servo buono è come l'Unico Buono.
    Questa è la grande ricompensa : la Sua gioia diventa la nostra!.
    Anche il servo che riceve due talenti, pur avendo ricevuto meno della metà del precedente , reduplica il suo dono, e riceve dal Signore la stessa ricompensa infinita.
    Il servo che aveva ricevuto un solo talento, se l'avesse investito nell'amore, avrebbe avuto la stessa ricompensa degli altri due.
    Costui ha una conoscenza falsa del Signore. . Quest'uomo sembra giusto, perché restituisce ciò che gli è dato.
    In realtà pecca gravemente contro il Signore e contro di sé : rifiuta Lui come amore , e se stesso come dono.
    Il suo rapporto con Dio è quello di un contabile, non quello di un figlio.
    Il Signore ha seminato dovunque amore, che germina amore.
    Si raccoglie sempre molto di più di quanto si semina, altrimenti è inutile seminare.
    Gli altri rispondono all'amore con altrettanto amore e ottengono la pienezza di gioia di Dio.
    Quello che seppellisce la propria vita sotto terra, rappresenta chi pensa di doverla restituire.
    Il capitale non è da restituire o conservare gelosamente, ma da investire in qualche modo.
    Anche se uno ha molti blocchi, può sempre fare qualcosa , per esempio dare ai banchieri – sono i poveri del paragrafo seguente, per ottenere almeno un interesse.

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    1. --->Dio è interessato a questo, perchè è nostro interesse vitale. Il di più che gli diamo è infatti, la nostra identità di figli, sufficiente per sentirci dire, come agli altri :” Entra nella gioia del tuo Signore!”. Gesù è venuto per darmi il talento del Suo Amore, ed è andato lontano, facendosi “forestiero”, presente in ogni altro.
      La Chiesa conosce il dono ricevuto ; e, in ogni altro, ama il Suo Signore, reduplicando il talento.
      Chi non ama, distrugge se stesso ; in lui muore l'amore ricevuto. Chi vuol trattenere il respiro per non perderlo, muore soffocato! Chi risponde all'Amore è in grado di ricevere e dare sempre più amore, crescendo di continuo nella gioia senza fine del suo Signore.
      Chi non risponde all'Amore, non accetta neppure l'amore che gli è stato dato!
      Chi non ha amato, non è figlio della luce, non ha l'olio, non ha la vita di Dio.
      E' fuori, fuori da sé e fuori di Dio. E' nella tenebra, dove invece di gioia c'è pianto, invece di sorrisi, stridore di denti.

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