giovedì 6 luglio 2023

A - 14 DOMENICA T.O.


 

4 commenti:

  1. O Dio, accogliamo il tuo amore nel tuo tempio.
    Come il tuo nome, o Dio,
    così la tua lode si estende sino ai confini della terra;
    è piena di giustizia la tua destra. ( Sal 47,10-11)

    Gloria.

    Colletta
    O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio
    hai risollevato l’umanità dalla sua caduta,
    dona ai tuoi fedeli una gioia santa,
    perché, liberati dalla schiavitù del peccato,
    godano della felicità eterna.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.
    O Dio, che ti riveli ai piccoli
    e doni ai poveri l’eredità del tuo regno,
    rendici miti e umili di cuore,
    a imitazione di Cristo tuo Figlio,
    perché, portando con lui il giogo soave della croce,
    annunciamo al mondo la gioia che viene da te.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.

    Credo.

    Prima Lettura
    Ecco, a te viene il tuo re umile.
    Dal libro del profeta Zaccarìa
    Zc 9,9-10

    Così dice il Signore:
    «Esulta grandemente, figlia di Sion,
    giubila, figlia di Gerusalemme!
    Ecco, a te viene il tuo re.
    Egli è giusto e vittorioso,
    umile, cavalca un asino,
    un puledro figlio d'asina.
    Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
    e il cavallo da Gerusalemme,
    l'arco di guerra sarà spezzato,
    annuncerà la pace alle nazioni,
    il suo dominio sarà da mare a mare
    e dal Fiume fino ai confini della terra».

    Parola di Dio.

    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 144 (145)
    R. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
    O Dio, mio re, voglio esaltarti
    e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
    Ti voglio benedire ogni giorno,
    lodare il tuo nome in eterno e per sempre. R.

    Misericordioso e pietoso è il Signore,
    lento all'ira e grande nell'amore.
    Buono è il Signore verso tutti,
    la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.

    Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
    e ti benedicano i tuoi fedeli.
    Dicano la gloria del tuo regno
    e parlino della tua potenza. R.

    Fedele è il Signore in tutte le sue parole
    e buono in tutte le sue opere.
    Il Signore sostiene quelli che vacillano
    e rialza chiunque è caduto. R.

    Seconda Lettura
    Se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
    Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
    Rm 8,9.11-13

    Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
    E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
    Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

    Parola di Dio.
    Acclamazione al Vangelo
    Alleluia, alleluia.

    Ti rendo lode, Padre,
    Signore del cielo e della terra,
    perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. (Cf. Mt 11,25)

    Alleluia.

    Vangelo
    Io sono mite e umile di cuore.
    Dal Vangelo secondo Matteo
    Mt 11,25-30

    In quel tempo Gesù disse:
    «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
    Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

    Parola del Signore.

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  2. PAPA FRANCESCO

    ANGELUS 5 luglio 2020
    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 11,25-30) è articolato in tre parti: anzitutto Gesù innalza un inno di benedizione e di ringraziamento al Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici il mistero del Regno dei cieli; poi svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre; e infine invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo.

    In primo luogo, Gesù loda il Padre, perché ha tenuto nascosti i segreti del suo Regno, della sua verità, «ai sapienti e ai dotti» (v. 25). Li chiama così con un velo di ironia, perché presumono di essere saggi, sapienti, e dunque hanno il cuore chiuso, tante volte. La vera saggezza viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza entra anche nel cuore. E se tu sai tante cose ma hai il cuore chiuso, tu non sei saggio. I misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai «piccoli», a quanti si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, aprono il cuore alla Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui. Il cuore aperto e fiducioso verso il Signore.

    Poi, Gesù spiega che ha ricevuto tutto dal Padre, e lo chiama «Padre mio», per affermare l’unicità del suo rapporto con Lui. Infatti, solo tra il Figlio e il Padre c’è totale reciprocità: l’uno conosce l’altro, l’uno vive nell’altro. Ma questa comunione unica è come un fiore che sboccia, per rivelare gratuitamente la sua bellezza e la sua bontà. Ed ecco allora l’invito di Gesù: «Venite a me…» (v. 28). Egli vuole donare quanto attinge dal Padre. Vuole donarci la verità, e la verità di Gesù è sempre gratuita: è un dono, è lo Spirito Santo, la Verità.

    Come il Padre ha una preferenza per i «piccoli», così anche Gesù si rivolge agli «affaticati e oppressi». Anzi, mette sé stesso tra loro, perché Egli è il «mite e umile di cuore» (v. 29), così dice di essere. Come nella prima e nella terza beatitudine, quella degli umili o poveri in spirito; e quella dei miti (cfr Mt 5,3.5): la mitezza di Gesù. Così Gesù, «mite e umile», non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive «di cuore» questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre, cioè allo Spirito Santo. Egli è il modello dei «poveri in spirito» e di tutti gli altri “beati” del Vangelo, che compiono la volontà di Dio e testimoniano il suo Regno.

    E poi, Gesù dice che se andiamo da Lui troveremo ristoro: il «ristoro» che Cristo offre agli affaticati e oppressi non è un sollievo soltanto psicologico o un’elemosina elargita, ma la gioia dei poveri di essere evangelizzati e costruttori della nuova umanità. Questo è il sollievo: la gioia, la gioia che ci dà Gesù. È unica, è la gioia che ha Lui stesso. È un messaggio per tutti noi, per tutti gli uomini di buona volontà, che Gesù rivolge ancora oggi nel mondo, che esalta chi si fa ricco e potente. Quante volte noi diciamo: “Ah, vorrei essere come quello, come quella, che è ricco, ha tanto potere, non gli manca nulla!”. Il mondo esalta il ricco e potente, non importa con quali mezzi, e a volte calpesta la persona umana e la sua dignità. E questo noi lo vediamo tutti i giorni, i poveri calpestati. Ed è un messaggio per la Chiesa, chiamata a vivere le opere di misericordia e a evangelizzare i poveri, ad essere mite, umile. Così il Signore vuole che sia la sua Chiesa, cioè noi.

    Maria, la più umile e la più alta tra le creature, implori da Dio per noi la sapienza del cuore, affinché sappiamo discernere i suoi segni nella nostra vita ed essere partecipi di quei misteri che, nascosti ai superbi, vengono rivelati agli umili.

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  3. BENEDETTO XVI

    ANGELUS 3 luglio 2011
    Cari fratelli e sorelle!

    Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28-30). Quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore» (cfr Mt 9,35-36). Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all'esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall'indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: “Venite a me, voi tutti…”.

    Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos'è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell'amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell'umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull'amore fraterno, che ha la sua sorgente nell'amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell'arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l'ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole “mitezza”. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell'uomo.

    Cari amici, ieri abbiamo celebrato una particolare memoria liturgica di Maria Santissima lodando Dio per il suo Cuore Immacolato. Ci aiuta la Vergine a “imparare” da Gesù la vera umiltà, a prendere con decisione il suo giogo leggero, per sperimentare la pace interiore e diventare una nostra volta capaci di consolare altri fratelli e sorelle che percorrono con fatica il cammino della vita.

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  4. FAUSTI - Abbà è la Parola piena di amore, con la quale il Figlio dice il Padre. La Sua dolcezza la capisce solo chi la dice e chi l'ascolta : esprime il mistero di Dio che è Padre e Figlio, nell'unico Amore.
    Questa Parola è il centro del cristianesimo.
    Lo Spirito del Figlio, effuso nei nostri cuori, grida in noi: “Abbà!” (Rom 5,5).
    Il credente è colui che ha conosciuto e creduto l'amore che Dio ha per lui. (1Gv 4,16).
    Ciò che Dio è, anche noi siamo; per il dono del Figlio siam davvero figli di Dio (1Gv 3,1). E' il grande mistero, già ora rivelato, anche se come in uno specchio e in modo enigmatico (! Cor 13,12). Soltanto alla fine Lo vedremo faccia a faccia, e conosceremo perfettamente, come siam conosciuti (1 Cor 13,13).
    Quando il figlio nasce, si stacca dalla madre e gli pare di morire, invece viene alla luce e vede il suo volto. Quando ci staccheremo dalla vita terrena, verremo alla luce del Volto del Padre e saremo simili a Lui, perché Lo vedremo come Egli è (! Gv 3,2).
    Già ora però, riflettendo la Gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine , secondo l'azione dello Spirito del Signore (2 Cor 3,18).
    “Signore del cielo e della terra” Il nostro Papà, così vicino e tenero, è il Dio Altissimo e Onnipotente, Signore del cielo e della terra! Di Dio si parla solo per opposti (coincidentia oppositorum, dice il Cusano), per non ridurlo a un idolo: è vicino e altissimo, tenero e onnipotente, piccolo e grande, misericordioso e giusto.
    Il rapporto ineffabile di conoscenza reciproca tra Padre e Figlio, rivelato agli infanti, è nascosto agli altri, sapienti e intelligenti.
    La Sapienza del Figlio è quella delle beatitudini ; i sapienti non la capiscono, gli intelligenti se ne difendono. Gli infanti non solo ignorano e sono poveri . Neanche parlano.
    A loro, senza parole, è rivelata la Parola : “Abbà!”.
    Anche in noi, oltre le tante parole, c'è una sapienza silenziosa, propria del povero.
    E' la “dotta ignoranza “ del puro di cuore, al quale Dio si fa vedere., ben diversa dalla sapienza ignorante del furbo, al quale Dio resiste.
    Lui non è oggetto di rapina della nostra intelligenza, ma principio e fine del nostro amore : non si affaccia alla finestra della nostra mente, ma bussa alla porta del nostro cuore.
    Gesù è contento di questo . È “sì” non solo al Padre, ma anche ai fratelli.
    Tutto quanto il Padre è, è dono al Figlio.
    Il Padre è Dio che tutto dà.
    Tutto quanto il Figlio è , è dono del Padre .
    Da Lui riceve la Sua natura, il Suo Amore e Se stesso, in unione indissolubile con Lui nella Sua distinzione da Lui.
    Il Figlio è Dio che tutto riceve.
    Gesù è il Figlio che chiama Dio “Padre Mio”.
    Se siamo in Lui , diventa anche “Padre Nostro”.
    Le “cose” nascoste a sapienti e intelligenti, la conoscenza mutua tra Padre e Figlio, il Loro Amore, il Loro unico Spirito, che è la Vita di ambedue, è comunicato dal Figlio agli infanti che Lo accolgono. La Parola “Abbà” è l'eredità dei piccoli. Al di là di ogni pretesa sapienza, in ogni uomo ci sono la ricchezza ineffabile dell'infante, la dignità del figlio.
    Il piccolo le conosce . Vive di dono, amore, e di grazia.

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